Le imprese cercano alleati in Rete: nuove piattaforme per favorire le partnership
L’ anima gemella si cerca su Internet: come per le coppie, anche per le aziende ci sono una serie di portali che favoriscono le opportunità di incontro. Saviozzi (Bocconi): “Una volta i contatti si stabilivano alle fiere. Questi siti sono fiere permanenti”. Una nuova forma di disintermediazione che crea molteplici occasioni di business.
Funziona un po’ come Tinder. Si scorrono i profili, e se scatta la passione reciproca si comincia a messaggiare. Vale per l’anima gemella, perché non anche per gli affari? Sono sempre di più le imprese che cercano opportunità di business, clienti, fornitori, possibili acquisizioni in Rete. Su piattaforme dove inseriscono i propri dati di bilancio, affidando a un motore di ricerca il lavoro che fino a ieri era quello dei broker commerciali: trovare il partner ideale. La startup americana Axial, 20mila manager iscritti e accordi chiusi per 500 milioni di dollari, a Tinder assomiglia anche nell’aspetto. La concorrente Powerlinx, 35 milioni di aziende censite e 12.500 offerte di alleanza, punta tutto sull’efficacia del suo algoritmo di accoppiamento. Quanto a Opportunity Network, fondato negli Usa dal 28enne italiano Brian Pallas, ricorda piuttosto Small World, l’esclusivo social network dove si entra solo se invitati da chi è già membro.
Perché una società venga ammessa al portale, infatti, deve essere presentata da uno dei partner, che comprendono banche come Intesa Sanpaolo o Bbva e università di prestigio come Harvard o la Columbia. Questo filtro permette a Opportunity Network di avere al suo interno solo aziende “fidate”, con cui gli altri membri possono organizzare scambi senza rischio fregature. Gli accordi chiusi, oltre 1500, vanno da un’azienda di frutta secca sud americana che ha trovato un distributore a New York, alla società familiare di base in Pennsylvania che ha trovato un fornitore di materie plastiche in Tailandia.
Un modello alternativo, più istituzionale, è invece quello testato dal governo britannico con la piattaforma “Business is Great”, che gioca proprio sul nome della Gran Bretagna. Il sito, gestito dall’ente di promozione commerciale del governo, dà accesso ad oltre 20 mila imprese registrate. È aperto anche a quelle italiane: per esempio, la Beam Power Energy, società di Torino attiva nel campo dell’efficienza energetica, è riuscita ad agganciare tre imprese britanniche che operano nel settore dei sistemi di riscaldamento, di cui commercializzerà i prodotti a partire dai prossimi mesi.
“Finora i contatti venivano stabiliti alle fiere. – spiega Francesco Saviozzi, 38 anni, professore di Strategia e imprenditorialità allo Sda Bocconi – Queste piattaforme sono fiere permanenti”. Adatte soprattutto alle piccole e medie imprese, che oggi si trovano a dover competere su scala globale, hanno bisogno di fornitori in Cina e distributori in Sud America, ma per cui il costo di un intermediario è spesso pesanti da sostenere. Su Powerlinx, per esempio, il taglio medio dei contratti messi in vetrina è di 200 mila dollari. Molto più basso di quelli chiusi normalmente dalle grandi aziende, con l’appoggio di società di consulenza o banche d’affari.
Una nuova forma di disintermediazione. Come quella che Airbnb ha portato nel turismo o Uber nei trasporti. Certo ci sono mercati locali, come quelli del Golfo, dove le relazioni di un broker in carne e ossa fanno ancora la differenza. Soprattutto, quando di mezzo ci sono i soldi, le garanzie assicurate da un incontro faccia a faccia non sono così facile da sostituire. “Il tocco umano rimane una componente fondamentale”, conferma Saviozzi. Ne sono consapevoli anche gli imprenditori di Powerlinx, che ha raccolto 6 milioni di dollari di finanziamenti. “Per noi il fattore fiducia è essenziale. – dice Yoni Cohen, a capo dello sviluppo – La nostra piattaforma, oltre a analizzare in profondità storia e obiettivi delle imprese, indica anche il livello di affidabilità delle informazioni”. E non vuole rimpiazzare il lavoro dell’uomo: “Ci limitiamo a creare l’occasione di incontro, poi lasciamo le trattative alle aziende”. Powerlinx ha nel suo database più di 35 milioni di imprese, tra cui tutte quelle francesi, e si espande veloce. Ma in Italia ne ha censite solo 700mila, su una platea di oltre 4 milioni. Forse perché,
come certifica la pagella digitale dell’Unione europea, solo il 6,5% delle nostre Pmi vende online, contro una media europea del 16%. “Solo una piccola avanguardia sa muoversi in Rete. – conclude Saviozzi – Per le altre queste opportunità restano un oggetto misterioso”.