Artigiani digitali, made in Italy e turismo: i settori che garantiscono un posto sicuro
Gli esperti: bene anche costruzioni, energia pulita, automazione e salute.
Anche se la crisi sta rallentando i suoi morsi e lascia intravvedere alcune luci in fondo al tunnel, la maggior preoccupazione per il futuro resta l’occupazione.
Un lavoratore su tre ritiene che la propria professione scomparirà entro cinque anni. Oltre un terzo dei knowledge worker pensa che il proprio ruolo sia destinato a scomparire presto, mentre i due terzi sanno che il loro lavoro non sarà più lo stesso (The Way We Work, Unify-Atos). Nei lavori dell’ultimo «World Economic Forum» è stata annunciata la perdita di 5 milioni di posti di lavoro nel mondo entro il 2020: tutta colpa di robot e macchine intelligenti (Future Jobs), che si candidano nell’arco dei prossimi quattro anni a sostituire molte figure professionali. I lavoratori più a rischio di venire rimpiazzati da robot appartengono al regno del lavoro di routine. La rivoluzione dei profili professionali e delle competenze è partita e sta provocando la mutazione genetica del rapporto tra scuola, formazione e lavoro. Il paradosso è che mancheranno (già mancano) migliaia di figure professionali tra quelle più ricercate. Nella inadeguatezza dei monitoraggi, in Italia le piccole e medie imprese denunciano la difficoltà di reperimento di decine di profili industriali che arriva al 35-40% per alcune figure: manutentori, operatori macchine a controllo numerico, tecnici, progettisti, saldatori (Rapporto Excelsior). Il mismatching tra la domanda di profili delle imprese e l’offerta di persone competenti è una voragine e supera i livelli di guardia. Nel buio che ci accompagna verso il futuro, la maggioranza di centri studi ed esperti segnala che, oltre ai profili più tradizionali di industria e servizi anch’essi in cambiamento, i settori a più forte domanda su cui puntare per la ripresa sono sette. Il primo è il passaggio al mondo Web e del digitale. Mancano centinaia di migliaia di analisti, programmatori dei nuovi linguaggi, esperti informatici di alto profilo, data scientist, esperti di big data. In pole position anche artigiani digitali, maker, prototipisti, esperti di FabLab e stampa 3D. Il secondo settore è quello del Green, che comprende tutela e valorizzazione dell’ambiente, energie rinnovabili, biologico, edilizia compresa, e cibo bio. Il terzo blocco sono le quattro A su cui si è costruito il made in Italy: agroalimentare, abbigliamento e moda, arredamento e design, automazione. A seguire il quarto settore, che passa sotto il nome di Industry 4.0. Il termine vuole rappresentare la quarta rivoluzione industriale e sta trasformando le aziende manifatturiere del prossimo futuro. In particolare, il digitale industriale farà da driver per le opportunità offerte da Internet of thing e dati (permettere l’intercomunicazione tra macchine, persone e prodotti utilizzando ed elaborando in tempo reale grandi quantità di informazioni). Il quinto blocco è quello del turismo di qualità e dei beni culturali, insieme alla scoperta di nuovi giacimenti occupazionali nei territori. Il sesto comprende nuovo welfare, lavori di cura e per la salute, con una forte crescita di terapisti, geriatri, badanti, infermieri professionali. Il settimo settore è quello delle costruzioni, delle ristrutturazioni edilizie e quello delle riparazioni in genere (crescono i ripara-tutto, dagli elettrodomestici agli abiti). Tre sono le sfide per puntare su questi settori: la prima è di tipo demografico (mancherà forza lavoro al 2025 specie in Europa, Italia compresa, secondo calcoli del Bcg consulting); la seconda è la sfida formativa e dell’orientamento (bisogna riqualificare milioni di persone); la terza è il lavoro indipendente: dalla generazione del posto fisso passeremo alla Free lance generation, ai net-worker e agli adepti dello smart working, liberi di spaziare nelle nuove praterie del lavoro, se esperti e competenti capaci di perforare il muro della genericità.